Tumore alla prostata: fare o non fare, questo è il dilemma

Il 90% degli uomini sopra i 45 anni ritiene importante la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore alla prostata, ma solo il 36% si sottopone regolarmente alla visita urologica e il 57% all’esame del PSA

1 su 2 ne è spaventato soprattutto per l’impatto negativo sulla sfera intima. Questi sono alcuni dati emersi dall’indagine “Uomini e tumore alla prostata” di Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, in collaborazione con Europa Uomo e con il contributo della Fondazione per la Formazione Oncologica.

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(freepik)

MILANO – Tumore alla prostata: gli uomini lo conoscono e lo temono ma fanno poca prevenzione. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge dall’indagine “Uomini e tumore alla prostata” di Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, svolta in collaborazione con Europa Uomo Italia e con il contributo della Fondazione per la Formazione Oncologica. L’indagine è stata condotta da Elma Research su un campione composto da 1000 uomini con un’età superiore ai 45 anni, con lo scopo di valutare la percezione, il livello di informazione e la consapevolezza della popolazione sul tumore alla prostata e indagare il comportamento preventivo.
È emerso che in generale gli uomini conoscono i principali campanelli dall’arme del tumore alla prostata: 1 uomo su 2 dichiara che tra i principali sintomi vi sono l’ingrossamento della prostata, l’aumento della frequenza delle minzioni e la sensazione di incompleto svuotamento della vescica. Il 61% dichiara di sentirsi molto esposto al rischio di sviluppare il tumore e 1 uomo su 2 ne ha molta paura, nonostante questo il 69% si dimostra fiducioso sulla possibilità di scoprirlo in tempo e il 50% di poterlo curare.  Per 1 uomo su 2, quello che spaventa maggiormente è l’impatto negativo sulla sfera intima, in particolare sulla vita sessuale per il 58% degli intervistati, sulla percezione della propria virilità per il 53%, sulla fertilità per il 51% e sulla relazione con la propria partner per il 50%.
Sono anche consapevoli dell’importanza della prevenzione – il 90% crede che sia estremamente importante – e conosce le azioni preventive da mettere in atto per la diagnosi precoce di questo tipo di tumore e per il successo della cura. Nonostante questo, solo il 36% dichiara di sottoporsi regolarmente alla visita urologica e il 57% all’esame del PSA, un’analisi del sangue che serve per rilevare i primi segni di un ingrossamento e di malattie della prostata.
“A conclusione di questo mese dedicato alla salute maschile e alla prevenzione del tumore alla prostata, abbiamo voluto indagare quanto gli uomini sono informati sul tema”, spiega Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda. “Gli specialisti parlano chiaro. Questo è il tumore maschile più diffuso a partire dai 50 anni, ma lo scenario è piuttosto sconfortante. A delineare la situazione sono infatti i dati di un’indagine voluta dalla European Association of Urology nel 2019, diffusa proprio di recente. Pare infatti che solo il 26 per cento degli interpellati (oltre 3mila uomini europei, tutti ultra 50enni) è in grado di spiegare a cosa serve la ghiandola prostatica, mentre il 38 per cento sa cosa sia l’ipertrofia prostatica benigna, una patologia che (in misura più o meno lieve) riguarda praticamente tutti i maschi dai 50 anni in poi. Nella maggior parte dei casi i sintomi che si manifestano col tempo vengono interpretati dagli uomini come normali spie dell’invecchiamento. Il nostro obiettivo è fare in modo che gli italiani, supportati dalle donne che gli stanno accanto e che spesso svolgono per loro il ruolo di caregiver, siano quanto meno più informati rispetto ai loro coetanei britannici, tedeschi ingaggiati nel sondaggio e si sottopongano con una maggiore frequenza a delle visite di prevenzione”.
Per quanto riguarda la cura, la prostatectomia risulta essere quasi l’unico trattamento conosciuto per il tumore alla prostata, dichiarato dal 72% degli intervistati, seguito da chemioterapia (35%) e radioterapia (34%). Secondo 2 uomini su 5 le terapie disponibili possono portare a una guarigione completa.
Nonostante una buona conoscenza complessiva, solo il 12% degli uomini dichiara di essere molto informato sul tumore alla prostata e 2 uomini su 3 vorrebbero approfondire il tema. In particolare, vorrebbero avere maggiori informazioni in merito a esami da svolgere per la prevenzione (63%), sintomi (58%), indicazioni sullo specialista di riferimento (52%) e alternative terapeutiche disponibili (46%) da parte del medico di famiglia (72%), dallo specialista (57%) e dal web (31%).
Gli intervistati che hanno avuto esperienza di tumore alla prostata risultano essere più informati – il 45% si sente molto informato, contro il 10% di chi non ne ha esperienza. Quasi la totalità ritiene di essere stato messo al corrente dallo specialista delle diverse opzioni terapeutiche praticabili e il 44% si è sottoposto all’intervento di postectomia.
Maria Laura De Cristofaro, Presidente di Europa Uomo Italia, ricorda che “nel 2019 si sono registrate 37.000 nuove diagnosi di tumore alla prostata: va quindi messo in campo un impegno straordinario assieme a società e istituzioni, come è accaduto per il tumore al seno. La ricerca evidenzia che gli uomini ‘credono di sapere’, ma in realtà non sono correttamente informati. Va chiarito infatti che nella maggior parte dei casi, il tumore alla prostata non dà sintomi ai primi stadi. La diagnosi precoce salva la vita e offre maggiori opportunità di cura: per questo dai 50 anni, gli uomini devono programmare ogni anno la visita urologica e l’esame del PSA. Inoltre, la ricerca mostra che gli uomini hanno necessità di essere aggiornati sulle terapie disponibili: oggi la radioterapia e la sorveglianza attiva sono altrettanto efficaci della chirurgia. Infine, dalla ricerca emerge il bisogno di essere più informati, anche tramite il proprio medico di base. È un dato positivo, segno che gli uomini desiderano essere più attivi e responsabili. Se è vero che per la popolazione anziana le donne hanno un ruolo importante, per le altre fasce d’età i tempi sono maturi per costruire una nuova alleanza fra padri e figli sulla salute maschile”.

FONTE: Ufficio Stampa HealthCom Consulting.