Ipertensione arteriosa polmonare

Dagli studi GRIPHON e TRITON nuovi dati a favore dell’utilizzo precoce di selexipag per ritardare la progressione della malattia

L’analisi post-hoc dei dati combinati dei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare (PAH) suggerisce che il trattamento con selexipag, con bersaglio il pathway della prostaciclina, in breve tempo dopo la diagnosi può ridurre il rischio di progressione della malattia.

L’ipertensione arteriosa polmonare è una malattia rara, progressiva e con prognosi infausta. Per questo prevenirne la progressione è fondamentale.

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(freepik)

COLOGNO MONZESE (MI) – Janssen, l’azienda farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson, ha presentato al Congresso ESC 2021 i risultati dell’analisi post-hoc dei dati combinati degli studi clinici di fase 3 GRIPHON e fase 3b TRITON su pazienti con ipertensione arteriosa polmonare (PAH), che valutano in un’ampia popolazione di pazienti l’efficacia dell’utilizzo precoce di selexipag per prevenire la progressione della malattia.

L’analisi ha dimostrato che, nei pazienti trattati con selexipag entro i 6 mesi dalla diagnosi, la tempestività dell’intervento ha portato a una riduzione del rischio di progressione della malattia del 52 per cento (primo evento) rispetto al gruppo di controllo (hazard ratio [HR] 0.48; intervallo di confidenza [IC] al 95 per cento 0.35, 0.66; n = 649).

“L’ipertensione arteriosa polmonare è una condizione rara, progressiva, pericolosa per la vita e soprattutto senza una cura specifica. Per questo risulta di fondamentale importanza prevenire la progressione della malattia e mantenere uno stato di rischio basso, pianificando in modo tempestivo la strategia terapeutica, sfruttando al meglio le terapie disponibili”, afferma Gerry Coghlan, Consultant Cardiologist al The Royal Free Hospital di Londra*. “L’analisi dei risultati ottenuti dagli studi GRIPHON e TRITON mostra che un precoce upgrade terapeutico mirato al pathway della prostaciclina, come ad esempio selexipag, è necessario se si vuole prevenire la progressione della malattia ed assicurare una migliore prognosi a lungo termine”.

La PAH è una malattia rara e per questo è spesso diagnosticata tardivamente nelle persone che ne soffrono. Questo comporta che spesso, alla diagnosi, i pazienti si trovino in stadi già avanzati della malattia con sintomi gravi e una prognosi sfavorevole.3 L’obiettivo del trattamento è il raggiungimento o il mantenimento di uno stato di rischio basso.4 La terapia di combinazione (utilizzando due o più classi di farmaci contemporaneamente) è raccomandata nelle correnti linee guida, sulla base di un solido corpo di evidenze, per aiutare a migliorare precocemente i sintomi e prevenire gli eventi di progressione della malattia.

Le analisi combinate dei risultati degli studi GRIPHON e TRITON sono state svolte su pazienti a cui è stata diagnosticata la PAH da non più di sei mesi dalla randomizzazione (n=649; 404 nello studio GRIPHON e 245 nello studio TRITON). È stato fatto un confronto tra coloro che hanno seguito una terapia con selexipag (n = 329) e un gruppo di controllo con placebo (n = 320).1,2 L’endpoint primario dello studio era il tempo dalla randomizzazione al primo evento di morbilità o morte (per tutte le cause), fino a sette giorni dopo l’ultima assunzione del farmaco in studio.7,8,9 Selexipag o placebo sono stati somministrati nel 44 per cento dei pazienti in triplice combinazione con un antagonista recettoriale dell’endotelina (ERA) e un inibitore della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5i), nel 32 per cento dei casi in combinazione con un ERA oppure un PDE5i e nel 24 per cento dei pazienti come monoterapia.

Si è osservata una riduzione del rischio di progressione della malattia (primo evento) del 52 per cento nei pazienti che hanno ricevuto selexipag rispetto al gruppo di controllo con placebo (HR 0.48 [95 per cento CI 0.35, 0.66]; n=649). È stato osservato un evento di progressione della malattia in 67 pazienti (20 per cento) appartenenti al gruppo a cui era stato somministrato selexipag e in 116 pazienti (36 per cento) appartenenti al gruppo di controllo.

Tra i pazienti che hanno ricevuto selexipag in aggiunta a ERA più PDE5i il rischio di progressione della malattia è stato ridotto del 48 per cento rispetto al gruppo di controllo (n= 285; 145 nel gruppo selexipag e 140 nel gruppo di controllo con placebo; HR: 0.52 [95% CI 0.30, 0.92]).

“L’impegno di Janssen è sempre rivolto ad ampliare le conoscenze scientifiche e cliniche per migliorare le cure disponibili per l’ipertensione arteriosa polmonare. I risultati ottenuti da questi studi confermano il ruolo decisivo e fondamentale di selexipag nel ridurre il rischio di progressione della malattia e quindi nel portare un effettivo miglioramento della qualità di vita delle persone”, dice Alessandro Maresta, M.D., Vice President and Head of Medical Affairs, Pulmonary Hypertension Therapeutic Area, Janssen. “Continueremo ad investire nella ricerca e a collaborare con la comunità medica per trasformare questa malattia rara in una condizione pienamente gestibile a lungo termine”.

Gli eventi avversi (AE) riportati nei due studi clinici erano coerenti con i profili di sicurezza noti dei farmaci.

FONTE: Ufficio Stampa HealthCom Consulting (Laura Fezzigna).